Sentiero CAI 414
(Chalet del Vò - passo del Veneroccolo)

Scritto il: 18/12/1994
Aggiornato il: 22/08/2000
   

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SCHEDA:  
Numero CAI: 414
Altre numerazioni: nessuna
Nome o soprannome: nessuno
Partenza: 100 metri dopo lo Chalet del Vò, metri 1110
Arrivo: Passo del Veneroccolo metri 2314
Dislivello: Metri 1204
Tempi parziali:  
Tempo totale: ore 4.00
Lunghezza: Km. 8.5
Periodo consigliato: giugno - novembre
Difficoltà: E - Escursionismo medio/facile
Attrezzatura:  
Note naturalistiche: Angolo della valle di Scalve selvaggio ed isolato.
Note tecniche: Il percorso, normalmente, è facile, però, ad inizio e fine stagione, c'è la possibilità di trovare tratti ghiacciati. In caso di nebbia, possono esserci problemi d'orientamento nella parte alta. Acqua lungo il percorso.
Note storiche: Il tracciato del percorso era una mulattiera militare della prima guerra mondiale. Al passo c' era una garitta, eretta nel 1630, per impedire l'entrata in Valle degli appestati
Bivi ed incroci: All' altezza della stazione di captazione dell'acqua potabile (costruzione in cemento), termina il sentiero 414/A (sentiero della linea)
Poco prima del passo del Veneroccolo c'è l'incrocio con il sentiero CAI 416 (Sinter Olt) o Sentiero Naturalistico A. Curò.

DESCRIZIONE:

Costruita durante la Grande Guerra, questa mulattiera costituiva l'asse centrale della rete viaria, approntata per rifornire la seconda linea difensiva che correva sui monti a nord della valle di Scalve, fino alla val Brembana. Lungo il percorso, si possono osservare ancora alcuni cippi chilometrici, collocati alla distanza di mezzo chilometro uno dall'altro (1). Sui muri a secco o su alcuni massi adiacenti alla strada, è interessante osservare le incisioni lasciate dai militari durante il lavoro di costruzione delle strutture viarie.
Passato lo Chalet del Vò, ristorante tipico della zona, in un piccolo piazzale, ha inizio, dalla sede pianeggiante, una larga mulattiera che sale, addentrandosi nel bosco, verso nord. Si raggiunge, dopo circa 20 minuti, la costruzione in cemento, della presa dell'acquedotto di Schilpario, a quota 1256 mt. nelle cui adiacenze, sulla destra, ha inizio un sentiero che conduce, quasi in piano, all'abitato di Schilpario. E', questo, il sentiero CAI 414/A, meglio conosciuto come "Sentiero della linea", perché segue il percorso della condotta dell'acqua potabile.
Proseguendo lungo la mulattiera, si può osservare la vegetazione che, in questo luogo, evidenzia i problemi di un ambiente tormentato, con fondo sassoso e frequenti cadute di valanghe.
Dopo circa altri venti minuti di salita, si giunge al limitare di un'ampia radura che è costeggiata, sulla destra, dalla strada militare. Questo spazio erboso,adibito a pascolo, al cui centro è visibile una baita parzialmente incassata sotto un masso, è denominato "Moia" e lo sfruttamento dell'area è evidenziato dai numerosi accumuli di sassi creati per favorire la crescita dell'erba. Sulla destra è evidente il cambiamento di vegetazione che, nonostante l' altitudine relativamente bassa, presenta le caratteristiche dell'alta quota, con pini mughi, ontani verdi e radi larici. Sempre sulla destra, poco sopra il tracciato della mulattiera, vi sono delle rudimentali baite, ricavate sotto enormi macigni, sono i ripari sottoroccia del "Mandrel". Già di per sé questa visita può costituire una facile escursione particolarmente gratificante, perché completa nelle sue valenze culturali storico-sociali-ecologiche (2).
La mulattiera prosegue con un ampio giro, attraversando una valle che scende dai cosiddetti "Canali del rame" così denominati in quanto, nella seconda metà del 1700, vi fu aperta una miniera da cui si estraeva calcopirite, un minerale di rame. Poco più avanti, sotto la sede stradale, c'è un bell'esempio di recinto per le bestie, un barek, ben conservato. Nei pressi del tumultuoso torrente che scende dal passo del Veneroccolo, sulla destra, prima di attraversarlo, poco più avanti c'è il rudere di una baita, mentre sotto il sentiero scendono tre scalini che permettono di accedere ad un'altra costruzione di cui si notano i ruderi: siamo a quota 1565 metri.
Si attraversa il torrente su un ponte di legno, (distrutto nell'autunno 2000) e subito, sulla sinistra, si può notare un altro rudere di baita di forma quadrata. Si continua a salire in direzione S-O con una serie di tornanti che permettono di guadagnare comodamente quota attraversando un boschetto che caratterizza il tratto, e affrontando poi, un pendio soleggiato, incontrando una sorgente, la seconda del percorso, posta a quota 1885 metri, da cui, a circa una sessantina di metri, si stacca un sentiero sulla destra che conduce in pochi minuti alla baita del Veneroccolino, a quota 1910 metri (3).
La mulattiera, ora, in alcuni punti diviene un semplice sentiero, rovinata dal continuo divallare di materiale dai pendii soprastanti. Poco dopo il masso in cui è scolpito il chilometro 5.5 ben evidente, superato un dosso, si possono notare, in basso, resti di recinzioni per bestiame e, nei pressi, una croce di ferro, a testimonianza di una antica tragedia. Guardando verso N-E è possibile scorgere la mole possente del monte Veneroccolo e, a sinistra, si può indovinare l'omonimo passo, semi nascosto, verso destra, invece, è visibile il passo del Sellerino e il monte omonimo, mentre più spostato si scorge l'intaglio che costituisce il passo del Gatto (dalla carta regionale denominato "passo di Valbona")
Si prosegue ora scavalcando una valletta e costeggiando alcune roccette da dove, se si presta attenzione guardando verso valle, sono visibili i ruderi di due baitelle. In questo punto scende un sentiero, appena visibile, che conduce velocemente alla baita del Veneroccolino. Dopo alcuni tornanti, la nostra mulattiera, lascia sulla destra, un altro barek di forma circolare mentre, sul lato sinistro, sopra il tracciato della strada, c'è il masso con incisa l'indicazione dei 6 chilometri. Passata l'indicazione dei chilometri 6,5, con un ampio giro, si evita una valletta in cui alberga un laghetto e si esce su un pianoro sassoso da dove si stacca, sulla sinistra, una mulattiera pianeggiante che conduce alla sommità del monte Bognaviso, (metri 2287). Questo è il punto più problematico, in caso di nebbia, perché,nel rientro, è facile confondere la strada verso il Bognaviso con quella che scende verso Schilpario; nel rientro la mulattiera per Bognaviso ha direzione S-O, mentre quella per il paese è in direzione S-E.
L'ultimo tratto della salita è molto dolce e si snoda in direzione N-N-E, costeggiando, sulla destra, un piccolo lago alpino, mentre, sulla sinistra, abbiamo un ometto in pietra, usato come punto di riferimento.
Ora si può notare, sullo sfondo, il passo del Veneroccolo mentre, poco più in basso, si vede il grande lago omonimo. Si prosegue, perdendo leggermente quota, sulla destra del lago, fino ad incontrare il sentiero CAI 416, proveniente dal passo Vivione.
Si prosegue verso sinistra, sempre costeggiando il lago ed in breve si perviene al valico che si raggiunge lasciando la sede della strada principale, quota metri 2314 (4).
Poco prima del passo, su un masso, è incisa la scritta "W 90 5° A" mentre, poco discosto, c' è il cippo degli 8,5 chilometri. Al valico, sulla sinistra, sono visibili i ruderi di una garitta militare eretta nel 1630, mentre, sul pendio a destra, si notano i resti di un muro difensivo.
Seguendo la mulattiera in piano in direzione est, si può arrivare ai prati di Magnolta quindi scendere al passo dell'Aprica.

CASCINA DEL VENEROCOLINO E ALTRI RUDERI.
Posta in una conca glaciale ad una quota di 1908 metri, si compone di tre vani: il primo serve come ricovero per le bestie, il secondo è l'alloggio del pastore nei mesi estivi e rimane sempre aperto come ricovero in caso di bisogno, il terzo vano è chiuso, perché contiene le suppellettili di proprietà del pastore. Nel ricovero per bestiame e sulla parete esterna, sotto la finestra, sono incise delle curiose frasi. Poco discosta, al riparo di un promontorio roccioso, c'è una costruzione che serviva da stalla per i muli. La lunghezza di questa costruzione è di 36 metri e la larghezza di tre metri. Nella zona verso sud si può notare ancora parte del tetto realizzato con grosse lastre di pietra locale.
In fondo alla conca, oltre la valle, in un bello spiazzo erboso, sono visibili i ruderi di un'altra baita, posta a quota 1895 metri, composta di due blocchi distinti e separati da un passaggio di circa 2 metri. La parte più grande, a monte, è costituita da tre stanze più due vani ricavati sfruttando la parete posta verso ad ovest. La lunghezza di questo corpo abitativo è di 16 metri e la larghezza di 6 metri, mentre lo spessore del muro è mediamente di 70 centimetri. Sui sassi dei muri divisori, dove probabilmente erano le porte, sono visibili i fori ricavati per fermare il catenaccio di chiusura. Nel vano di mezzo si nota una piccola finestra di circa 25 cm. d'altezza e 35 cm. di larghezza, che guarda verso N-E. Attaccato al muro principale della baita c' è un piccolo vano dove sullo spigolo della parete sono incise alcune lettere.
Il secondo rudere, di forma quadrata, con lato di circa 5 metri e l'apertura rivolta verso ovest conserva su un masso angolare, prossimo all'uscita e posto quasi al suolo, un simbolo piuttosto strano. Di fronte a questi ruderi ci sono un barek e altri muri diroccati mentre, posti a monte dei ruderi, ci sono dei massi con delle incisioni d'epoca preistorica cristianizzate con l'apposizione di due croci.

BIBLIOGRAFIA:
"Conoscere la valle di Scalve : le escursioni" O.C.

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