Sentiero CAI 408
(Nona - Passo di Manina)

Scritto il: 07/05/1995
Aggiornato il:  
   

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SCHEDA:  
Numero CAI: 408
Altre numerazioni: nessuna
Nome o soprannome: localmente è conosciuto come "Ol sinter de Olt" o "Vià de Olt".
Partenza: Nona 1341 metri
Arrivo: Passo della Manina 1796 metri
Dislivello: 455 metri
Tempi parziali:  
Tempo totale: ore 1.30
Lunghezza:  
Periodo consigliato: fine aprile - novembre
Difficoltà: T - escursionismo facile/turistico
Attrezzatura:  
Note naturalistiche: Varie testimonianze della passata attività estrattiva.
Note tecniche:  
Note storiche: E' stata una delle più antiche vie di comunicazione della Valle. L' intero percorso, dalla Pieve di Vilminore al Passo di Manina, era detto " Strada dei morti".
Bivi ed incroci: Al Passo di Manina arriva anche il sentiero CAI 407 (Teveno - Malghe Barbarossa - Passo di Manina) e da esso parte il CAI 401 (Passo di Manina - Passo la Porta - Cassinelli), che coincide con l' ultimo tratto del "Sentiero delle Orobie".

DESCRIZIONE:

Raggiunta la frazione Nona di Vilminore e passato il centro storico, dove si possono osservare alcuni caratteristici portali, si lascia l'auto nel piccolo parcheggio, nei pressi di un ampio tornante. S'inizia la salita su una carrareccia, costruita durante il periodo del massimo sfruttamento delle miniere della Manina. All'altezza della costruzione dell'acquedotto si inserisce, sulla sinistra e proveniente dal centro del borgo di Nona (1), l'antica strada denominata d'Oltrepovo, parzialmente distrutta dalla costruzione della nuova via comunale. Di questo vecchio tratturo si può osservare ancora l'acciottolato che testimonia l' importanza che aveva anticamente questa strada per le comunicazioni con le valli limitrofe.
Circa una cinquantina di metri dopo aver superato il torrente che scorre al confine del paese, in località Giavallo, sulla destra, nei pressi di due baite a quota 1410 m, il sentiero si stacca dalla carraia e prosegue a mezza costa, mantenendo una pendenza costante. Questo tratto è denominato localmente "vià de Olt", ed era percorso dagli "strusi" (i trascinatori di slitte) che portavano a valle il minerale ferroso cavato nelle miniere del Passo. Per questo motivo, lungo il percorso, si possono vedere ancora dei tratti lastricati.
Si prosegue nel bosco attraversando una piccola valle e, superata la seconda valletta poco prima della quale sono visibili parte del vecchio sedime e i resti di un muro a secco, si attraversa un prato e poi un rado boschetto.
Si supera un'altra valletta in cui scorre perennemente l'acqua, affrontando un sentiero piuttosto sconnesso a causa d'alcuni smottamenti, e, successivamente, si procede in mezzo ad un bel prato. Si scavalca un'altra valle e poi un'altra ancora, questa solitamente secca e, poco più avanti, si oltrepassa un imbocco di miniera; guardando in basso, verso valle, si vedono le grandi costruzioni che una volta ospitavano i minatori, denominate "Baite rosse" per il loro caratteristico colore. Si prosegue in direzione W, quasi in piano, fino ad incontrare un secondo imbocco di miniera, da cui esce dell' acqua che forma una pozza. Poco più avanti, circa una sessantina di metri, su un piccolo ripiano a monte del sentiero, c'è il rudere di una baita, quota 1715 m. Circa una ventina di metri più sopra c'è un'altra baita usata anticamente dai minatori, piuttosto malconcia, denominata localmente "Capucina": Proseguendo, sempre con dolce pendio, s'incontra una lapide in pietra su cui è riportata l'iscrizione: "Gelpi Piero, di Vilminore, qui morto l'11 dicembre 1877 dall'età d'anni 46 dall'alpestre mortale gelo lo colpì"(2).
Proseguendo lungo il sentiero si oltrepassa una valletta che nei periodi più caldi si asciuga e si punta all' evidente intaglio posto di fronte e che si raggiunge, con stretti tornanti, dopo aver passato una piccola sorgente perenne. Il sentiero raggiunge lo spartiacque che separa la valle di Scalve dalla Val Bondione, al valico di quota 1799 m. Da quest'intaglio, seguendo il facile crinale, verso sinistra, in pochi minuti si arriva alla cappella del Passo di Manina, costruita nel 1949 in ricordo del passaggio della Madonna Pellegrina (3).
Poco oltre il valico, si possono notare, intorno ad un cocuzzolo conico, i resti di una trincea. Una seconda linea di trincee era posta a chiudere il passo di quota 1799. Questi resti e una serie di bunker ricavati per lo più ai bordi delle trincee stesse, ancora visibili oggi, facevano parte delle fortificazioni erette dai tedeschi nell'inverno 43/44. Unitamente ad altre opere, ricavate al passo della Presolana e a Cima Verde, costituivano parte della Blue Linie, una serie di difese che avrebbero dovuto organizzare l' ultimo ostacolo all'avanzata alleata in Italia.

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