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I FORNI FUSORI
Rimangono in attività a lungo i forni fusori del Dezzo (che lavorava anche il
minerale delle miniere della Manina) e di Schilpario, caratterizzati da
ingegnosi sistemi di sfruttamento dell'energia idraulica e condotti con
consolidata abilità dagli operai che vi lavoravano. La testimonianza del
pannello 39 coglie i tratti essenziali dell'attività dei forni e, ancora una
volta, sottolinea l'interazione con la produzione del carbone di legna. Quando
anche la produzione di ghisa viene convogliata per successive lavorazioni nei
grandi impianti industriali,fabbri e ferraioli continuano a provvedere alla
fabbricazione di utensili e strumenti per il ristretto mercato della Valle. Alla
lavorazione del ferro richiamano infatti numerosi attrezzi e oggetti raccolti a
questo settore. Spiccano il grande mantice “mantes”, la morsa “smorsa”,
l'incudine, tenaglie, martelli, l'attrezzo per la produzione di tondinidi ferro
e quello per la fabbricazione dei chiodi.
Si avviava il forno mettendo dal carbone, poi si incendiava…
e si chiamava il prevosto per dare la benedizione… quindi si incominciava a
mettere un po' di aria. A questo punto si versava nel forno il carbone, sempre
intervallato da palate di minerale, e adagio adagio si riempiva, ci volevano
circa 24 ore a riempirlo.
Il numero delle cariche variava secondo la grandezza del forno: il forno del Dezzo era
più grande e ce ne volevano di più, mentre il forno di Schilpario aveva bisogno
di 21-22 cariche di carbone, quindi circa 21-22 quintali, e in genere, quando il
forno era andante, per ogni quintale di carbone si mettevano 220-230 chili di
minerale. La massima rendita che si poteva ottenere era del 44-45%, quando il
minerale era bello… una volta il minerale era più bello e curato meglio.
Quando iniziava a colare si toglieva la scoria… la colata di ghisa andava negli
stampi fatti con la sabbia… si riempivano e si continuava a farne degli altri.
Il ferro che usciva era molto indicato per certi lavori e generalmente lo
portavano a Brescia, alla Sant'Eustacchio, dove facevano cilindri per
laminatori. La "bontà" della ghisa dipendeva dalle gradazioni usate durante la
carica e ovviamente dalla qualità del carbone e del minerale.
La nostra ghisa però aveva un difetto: era fra le ghise intermedie, né speciale, né
normale.
Quando poi è stato venduto tutto ed è stato comprato dalle
Acciaierie Lombarde… dalla Falck… allora la ghisa veniva portata tutta a Dongo,
dove facevano i raccordi dei tubi... ci voleva ghisa malleabile, con una
caratteristica speciale, in quanto doveva essere bassa di silicio, alta di
carbonio e scarsissima di manganese. Ora, mentre era facile ottenere le prime
due condizioni, ad esempio mettendo molto carbone e poco minerale, era quasi
impossibile invece eliminare il manganese, perché il nostro minerale aveva la
tara di possederne in abbondanza. Tant'è vero che essendo quasi impossibile
purificarlo del tutto, quand'ero giù al Dezzo siamo andati all'Elba a prendere
del minerale che fosse poverissimo di manganese.
Di solito il forno lavorava un anno e mezzo, poi le si fermava per rifare il
rivestimento refrattario che si consumava durante l'uso, ma soprattutto per
poter fare nuove scorte di carbone, in quanto i nostri boschi non riuscivano a
rifornire il carbone in continuazione.
Non è il ciclo continuo questi aveva solo al Dezzo… io ricordo che negli anni
trenta si importava tanto carbone dalla Toscana.
Al forno qui di Schilpario lavoravano 20-25 operaie, divisi in squadre… facevano
turni di dodici ore e la loro paga non era molto alta, anche se il loro lavoro
era faticoso.
Le preoccupazioni di un capoforno non erano indifferenti: la responsabilità del
"maister" non era cosa di poco conto, specialmente se il forno non andava bene,
cioè diventava freddo. Il raffreddamento di un forno a cause diverse, ma in
genere è determinato dal fatto che manca il carbone, oppure dal fatto che
inavvertitamente si usa del carbone in apparenza bello, ma in realtà senza peso e
pieno di legna di ontano, nel qual caso il forno diventa freddo all'istante.
Bisognava sempre controllare il carbone, bisognava controllare anche le diverse
qualità del minerale, infine c'era anche da tenere presente gli eventuali guasti
dovuti a forno stesso, ad esempio all'aria che entrava e che doveva
costantemente essere riscaldata.
Come si vede le precauzioni non erano mai sufficienti e il "maister" aveva sempre
di che preoccuparsi… ed allora bisognava ricorrere a tante piccole malizie del
mestiere per poter intervenire al momento opportuno, prima della colata,
evitando i danni gravi. Ed era il capo forno che grazie alla sua esperienza
intuiva ogni cosa guardando il colore del fumo e il colore della fiamma o la
scoria che cominciava a diventare scura…