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Museo Etnografico

MUSEO ETNOGRAFICO DI SCHILPARIO

Orari: Tutti i giorni dalle 9,00 alle 12,00 e dalle 13,00 alle 17,30
tel. 0346 55393

I CARRETTIERI

Le stesse caratteristiche geografiche e morfologiche della Valle rendono evidente il problema dei collegamenti e dei trasporti (il difficile accesso delle merci alimenta senza dubbio la tandenza all'autosufficienza che si protrae ben più a lungo che in altre zone di montagna). La produzione mineraria - prima che vengano installate le teleferiche e che si diffonda la circolazione degli autocarri - esige un'organizzazione dei trasporti che assicuri continuità e sia in grado di convogliare fuori dalla Valle ingenti quantità di minerale, ma anche di legname e carbone. Quella del carrettiere è una professione che impegna intere famiglie (comprese le donne e i ragazzi nei lavori accessori del carico, scarico, del governo dei muli), d'intuibile, vitale importanza nell'economia del paese e della vallata. Una fatica incessante che sfibra uomini e animali: "Quando si arrivava al Vò bisognava incominciare a fermarsi e tirare il peso avanti dopo attaccare un altro mulo davanti, al "balansì"... o anche due, per fare la salita... e dopo bisognava staccare... e tornare indietro a prendere gli altri... tirare avanti e indietro il peso per bilanciare... e sempre così, a secondo se la strada era in discesa o in salita... si partiva di notte, che ci fosse neve, freddo, tempesta... e si arrivava già stanchi... si facevano tanti chilometri a piedi e si saliva sul carro solo in certi tratti... La vita del carrettiere era un pò come quella del contrabbandiere... E poi la strada... la Via Mala era piena di pericoli... frane, valanghe, non c'erano i paracarri. Soprattutto di inverno era rischioso perchè se facevi la Via Mala c'era il pericolo di uscire fuori strada per il ghiaccio... Se facevi la Presolana era pericolosa, specie se aveva nevicato poco. Quando si arrivava in cima, si faceva una slitta con le "zonte" avvolte nelle catene, con sopra un paio di quintali di carico, e si attaccava dietro il carro come freno, perchè se si usava il freno del carro si poteva andare fuori strada". In questa sezione si osservano alcuni finimenti degli animali: il collare "culana", la sella "silì", le briglie "brèa", ecc. la fune di pelle intrecciata "fu" per legare il carico, la lampada del carretto "lampa", oltre ad alcuni oggetti tipici del lavoro del maniscalco. Al termine dell'esposizione è collocata una ruota di carro: i carri usati erano a due ruote e venivano fabbricati in Valle. Il biroccio era riservato al trasporto delle persone o di piccolo carichi: l'uso era prevalentemente limitato ai possidenti o alle famiglie più abbienti, come pare suggerire la stessa raffinatezza dei due esemplari qui esposti.

C'erano molti carrettieri Schilpario, senza contare gli altri dalla valle… Ci saranno stati almeno 20 carrettieri, famiglie intere… Ce n'era un'infinità, anche perché poi crescevano i figli e allora si comperava un altro mulo e magari in una stessa famiglia si andava avanti in tre o quattro a fare carrettiere… Ho ereditato questo lavoro da mio padre… ho cominciato da piccolo, andando dietro a lui e ai miei fratelli più grandi… un po' alla volta ho imparato il mestiere e a sedici anni facevo da solo… Allora si cominciava subito, da bambini… il papà e i fratelli più grandi ci prendevano e ci portavano magari a vedere il lago di Iseo, magari ci portavano a Ponte Nossa a caricare la farina, tanto per farci cominciare a girare sulla strada e così un po' alla volta si imparava come si fa almeno a attaccare i cavalli.
Si cominciava prestissimo a lavorare… un ragazzo partiva con un carro e dietro veniva il papà o uno zio o un fratello con un altro carro… e così si imparava in fretta ad arrangiarsi da soli e poi c'era bisogno del lavoro di tutti…
I carri li facevano qui in valle: a Sant'Andrea c'era un certo Fiorino che era molto bravo a fare i carri… faceva anche le ruote… era un grande specialista. I carri per il trasporto di legname e di minerale erano a due ruote e più pesante che era il carro, doveva avere le ruote più forti… se per esempio era 5 quintali di peso, i cerchioni dovevano essere di cinque centimetri e alti due centimetri e mezzo… Dal '50 in poi i carri non erano più a due ruote, ma carri più bassi a quattro ruote, le priale, come si usava in Valle Canonica… per caricare un carro a due ruote bisognava stare molto attenti e si faceva molta fatica… con quelli a quattro ruote era tutto molto più comodo.
Si trasportava un po' di tutto, ma specialmente legname, legna, carbone, minerale… abbiamo portato perfino la neve a Sarnico… non c'erano i frigoriferi allora… qui facevamo le ghiacciaie d'inverno, facevamo le montagnine di ghiaccio e si partiva la sera tardi per arrivare a Sarnico la mattina presto.
Un conto è il carrettiere locale che lavora di giorno a portare via il letame o andare a prendere la legna… noi invece per essere a Lovere per esempio alle 8-9 dovevamo partire alle due di notte.
Quando si arrivava al Vo' bisognava incominciare a fermarsi e tirare il peso avanti, dopo attaccare una altro muro davanti, al "balansì"… o anche due, per fare la salita… e dopo bisognava staccare… e tornare indietro a prendere gli altri… tirare avanti e indietro il peso per bilanciare… e sempre così, a secondo se la strada era in discesa o in salita… si partiva di notte, che ci fosse neve, freddo, tempesta… e si arrivava già stanchi… si facevano tanti chilometri a piedi e si saliva sul carro solo in certi tratti… La vita del carrettiere era un po' come quella del contrabbandiere…
E bisognava anche saper trattare con i muli… quello che tenevamo al carro era il più forte, potente, il più sincero… era lui che faceva la manovra… era il capo… gli altri erano di aiuto. I muli li prendevamo di solito ai mercati della Valle Camonica... c'erano quelli sinceri e quelli bastardi, certo che sono dei gran lavoratori… il nostro Gris l'avevamo comperato a Darfo nel 42 e avevamo pagato L. 450 dal notaio… ha sgobbato duro per sedici anni poi è scoppiato, ecco, sfinito dalla fatica.
I carrettieri erano gelosi del mestiere. A certi piaceva avere sempre dei bellissimi puledri, tenere ben tutti i materiali… ma anche le bestie… perché erano loro che ci facevano lavorare e mangiare polenta.
E poi la strada… la Via Mala era piena di pericoli… frane, valanghe, non c'erano i paracarri. Soprattutto d'inverno era rischioso perché se facevi la Via Mala c'era il pericolo di uscire fuori strada per il ghiaccio… se facevi la Presolana era pericolosa… specie se aveva nevicato poco.
Quando si arrivava in cima, si faceva una slitta con le "zonte" avvolte nelle catene, con sopra un paio di quintali di carico, e si attaccava dietro il carro come freno, perché se si usava il freno del carro si poteva andare fuori strada.

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