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Orari: Tutti i giorni dalle 9,00 alle 12,00 e dalle 13,00 alle 17,30
tel. 0346 55393

ECONOMIA E VITA FAMILIARE

L'economia familiare è l'anello forte che garantisce l'interazione tra l'attività mineraria, agricola e silvo-pastorale e la salvaguardia di un equilibrio-durato più a lungo in Valle di Scalve che altrove-spesso ai limiti della sopravvivenza e dominato dalle necessità alimentari e dai bisogni immediati a cui occorre far fronte, con il concorso di tutti i componenti del lucro familiare, bambini compresi.
E il lavoro delle donne è il perno di questo equilibrio, sovente precario e insidiato dagli agenti esterni ho semplicemente dall'andamento delle stagioni agricole, dalla asperità del clima e delle condizioni ambientali, dai grandi e eventi che sconvolgono la vita della gente (il disastro del Gleno, il fascismo, la guerra, e le crisi economica).
L'autarchia che ha contraddistinto per secoli l'economia della Valle si riflette nel microcosmo dell'economia domestica e in esso si protrae, conservandosi ancora più a lungo: i prodotti dall'orto domestico o l'utilizzo " minore " di altre culture (l'orzo  serve anche come succedaneo del caffè), l'uso civico del pascolo ed del bosco ( grande riserva dal cui si traggono rimedi della medicina popolare), l'allevamento della pecora, della mucca, del maiale, sono destinati all'autoconsumo, saldamente regolato e organizzato attorno alla presenza femminile.
L'autoconsumo è l'orizzonte della sopravvivenza: ha leggi severe, corrispondenti alla durezza delle condizioni di vita e costa un prezzo molto alto in termini di carico di lavoro, ma non esclude i momenti di festa, i riti di un'abbondanza più propiziata e reale, come l'uccisione del maiale, che fa ogni volta sperare nell'inesauribile riserva di cibo per il lungo inverno.
Lo spazio dell'economia familiare va oltre le mura della casa e le cure domestiche e si dilata, innestandosi costantemente nelle attività produttive della Valle, a prevalente occupazione stagionale: è il circolo che tende continuamente a riformarsi e  a richiudersi, a difendere e a difendersi.

Quando andavamo "a fare" il maiale, prendevamo la nostra cassetta, dove avevamo la macchina per macinare la carne, tutti coltelli che servivano allo scopo e il "sibol"… gli attrezzi che si usavano… anche una piccola mannaia. Si uccideva il maiale sgozzandolo con il coltello… ci si metteva in cinque o sei, lo si legava per una gamba, poi lo si sgozzava… importante era incontrare la vena giusta, usciva il sangue a fiotti e in due minuti era morto… comunque era un bel martirio per la bestia.
Poi lo si pelava con l'acqua a circa 90 gradi… si provava il calore con la mano, perché a 100 gradi non andava più bene, non si riusciva più a pelarlo... poi lo si attaccava via con il sibol e lo si squartava… gli si toglieva il lardo, si puliva la carne, si toglievano le coppe, le spalle… poi con il carré e il culatello si faceva il salame, con la parte dalla pancia e del collo si faceva il cotechino… si trutava la carne tutta a mano, e il salame si legava tutto con lo spago. Noi usavamo fare la spalla, che è un po' unica, in altre parti non si fa…
Le coppe e le spalle si salavano e si mettevano in recipienti di legno… in questi masselli si poteva mettere anche altra carne… lungo l'autunno era facile che molti uccidessero una pecora e la carne si salava, come quella del maiale… si metteva uno strato di carne, poi il sale, e il pepe, i chiodi di garofano, la noce moscata, un altro strato di carne e così via.
I maiali che si uccidevano erano, in media, di 120-140 chili… alcune famiglie, che avevano i mezzi per mantenerli, li facevano venire anche di 180-200 chili… tenevano il maiale più che altro per il grasso, e più grosso veniva era meglio, aveva molto più lardo.
Una volta, in ogni casa, tenevano almeno un maiale… in paese eravamo in 4 o 5 che uccidevanmo il maiale e per tre mesi, si può dire tutti giorni, eravamo impegnati… qui non venivano altri da fuori ad ucciderli, anzi, eravamo noi che andavamo negli altri paesi della Valle, e anche fuori la valle…
I primi maiali che si uccidevano era ai Santi, e si continuava fino ai primi di marzo… perché  poi viene l'aria primaverile e la carne si scalda… si andava avanti per circa quattro mesi, da novembre a febbraio… in quel periodo non si faceva altro mestiere che quello.
Io, per esempio, facevo il muratore, e praticamente quando iniziava a gelare, iniziavo a uccidere maiali…. In certi inverni ne uccidevo anche più di cento.
Una giornata di lavoro, di solito, bastava a fare un maiale… lo si uccideva la mattina, alle sette, e la sera, alle 8-9, era tutto finito… tutto attaccato via, tutto pronto. A noi, come usanza, davano il codino.
Le donne ti aiutavano molto… scaldavano l'acqua… poi una volta si usava cucire tutti i budelli, erano loro che li cucivano, era un lavoro lungo… quando si sgozzava, erano pronte con le pagelle guai se il sangue andava perduto… tutti lo volevano e se lo scambiavano casa con casa… facevano la torta di sangue, era buona… ecco perché tutti volevano il sangue.
Era una festa, una festa davvero… erano tutti presenti in una casa… un po' il senso di tutta quella abbondanza che ti arrivava addosso… ma un po' anche tutta la tradizione… c'era un'attesa straordinaria, nelle case si iniziava a parlarne otto giorni prima… altro che festa di Pasqua, era meglio il giorno che si uccideva il maiale. Avevi intorno tutti bambini, tutti che volevano guardare, tutti che volevano toccare… avevi il tuo da fare a tenerli lontani…

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