Rassegna
Stampa
Articolo tratto da "Giornale
di Brescia" giovedì 25 agosto 2005
Manara Valgimigli
Dialoghi col passato
La
foscoliana "Eredità d'affetti" darà il titolo a una giornata "di studio e di
ricordo per Manara e Giorgio Valgimigli" che sabato 3 settembre a Bagno di
Romagna, paese natale dell'illustre filologo e grecista, nel quarantennale della
morte ne ricorderà la figura, assieme a quella del figlio Giorgio scomparso a
Brescia il 9 luglio scorso. In occasione dell'appuntamento, abbiamo incontrato
il prof. Roberto Greggi di S. Piero in Bagno, studioso dell'opera valgimigliana
e curatore delle riedizioni della sua opera. - Prof. Greggi, come è nato
l'interesse per Manara Valgimigli? "La lettura di Valgimigli, per noi di S.
Piero, è quasi obbligata. Fin da piccolo mia mamma mi raccontava di questo
grande letterato nato a S. Piero; quella strana aneddotica che si legge nelle
pagine di "Colleviti", quelle frasi in dialetto sampierano mi hanno sempre
colpito. Di fatto però, seriamente, ho cominciato a lavorarci nel 1992, quando
il sindaco Lorenzo Spignoli, ancora oggi sindaco di Bagno di Romagna, su
suggerimento di un nostro concittadino, decise di avviare la riscoperta
dell'opera di Manara Valgimigli".
- Così vi metteste in contatto con Giorgio Valgimigli a Brescia?
"Si. Giorgio fu entusiasta dell'idea e alla fine del '92 Spignoli, Giorgio,
Marino Biondi dell'Università di Firenze e io ci incontrammo alla Biblioteca
Classense di Ravenna dove, presso il fondo Valgimigli, erano tutte le carte e i
libri. Dal gennaio del '93, io e Alessio Catania, un giovane ricercatore
fiorentino, cominciammo a rovistare da cima a fondo per organizzare una mostra
che fu allestita nel settembre '93 a Bagno e poi portata a Ravenna con la
pubblicazione del catalogo".
- Da qui alla pubblicazione del "Mantello di Cebète" c'è ancora molto ...
"Ci sono anni di altro lavoro. Giorgio suggerì la possibilità di pubblicare il
carteggio tra Valgimigli e Marino Moretti, poeta di Cesenatico. Fu un lavoro
lungo, perché tra i due ci fu un'amicizia trentennale e una corrispondenza
fittissima: raccogliemmo più di 1.000 lettere e cartoline postali aiutati da
Simonetta Santucci, oggi conservatrice di casa Carducci.
"Intanto il Comune di Bagno creava il Centro Studi Valgimigliani con l'obiettivo
di ripubblicare le opere in edizione critica, non semplici anastatiche; questa
era la novità. Il primo lavoro fu "Il mantello di Cebète", il libro forse meglio
riuscito di Valgimigli, cui seguì "Colleviti" anche perché all'interno ci sono
le pagine dedicate a S. Piero".
- E la prossima fatica quale sarà?
"'Del tradurre e altri scritti' progettato da Manara con Giorgio prima che le
sue condizioni di salute si aggravassero. In seguito speriamo di ripubblicare le
"Lettere di Concetto Marchesi a Manara e a Erse". Giorgio teneva molto a
entrambi"
- Qual è il programma per le celebrazioni del quarantennale?
"Sabato 3 settembre Valgimigli sarà ricordato con una giornata di studi e
purtroppo di commemorazione anche per Giorgio sulla cui presenza tutti
contavamo. I lavori si apriranno alle 9,30 nel Palazzo del Capitano di Bagno di
Romagna. Con me, interverranno il sindaco Spignoli, Marino Biondi che ha
lavorato sulle pubblicazioni del Centro Studi Valgimigliani, Pantaleo Palmieri,
Giorgio Partisani, Oscar Graziani e il Rotary Club dell'Alta Val di Savio di cui
Giorgio era socio onorario"
- E a Vilminore di Scalve, dove Manara Valgimigli morì quarant'anni fa, il 28
agosto 1965?
"Lì l'appuntamento è per il 18 settembre; ci saremo noi di S. Piero, e tra gli
altri interverrà anche Gian Enrico Manzoni dell'Università Cattolica di Brescia"
- Quella frase "Essere d'accordo coi morti" resta ancora un enigma nella critica
valgimigliana ...
"'Se i morti sanno, sanno tutto; se non sanno, non sanno niente' diceva Manara.
Una posizione strana la sua, quella del non credente che continuava a dialogare
con le persone che non ci sono più attraverso la scrittura e le dediche. Forse
una forma consolatoria in una vita piena di lutti, un modo per illudersi, una
qualche speranza del contrario. Anche il suo lavoro rifletteva questo sentire.
L'eternità del bello, antico o moderno che fosse, rappresenta un'altra forma di
quel dialogo aperto, un contatto col mondo classico. Contrariamente a Renato
Serra e a Virginia Woolf che optavano per una rottura drastica della tradizione,
Valgimigli credeva nella possibilità di traghettare il classico nella modernità;
e lo dimostra il fatto che buona parte della sua attività di filologo classico è
stata proprio quella di traduttore con la consapevolezza che quello era il modo
di far rivivere la voce degli antichi".
- Ed è anche quello che ha fatto il figlio Giorgio ...
"Sicuramente. Un segno della grande generosità di Giorgio è stato dedicarsi
profondamente alle opere di suo padre, farle rivivere. E non è facile fare i
conti con i padri, soprattutto se sono così grandi".
Rita Piccitto
Manara
Valgimigli
www.scalve.it |