Rassegna Stampa

Articolo tratto da "Giornale di Brescia" giovedì 14 luglio 2005
Ricordando Giorgio Valgimigli

Sul piatto del giradischi un concerto di Bach. Credo sarebbe stato il compositore preferito da Nonno Giorgio se avesse intrapreso, come mi diceva spesso, la carriera di musicista anziché quella di medico chirurgo; due interessi giovanili dei quali uno è diventato vocazione. Non meno spirituale anche se laica di quella di un sacerdote. La medicina era la sua religione. La voce che ha seguito per tutta la vita. L'altro interesse, il violino, si è fermato in disparte silenzioso, ma capace di fargli apprezzare la buona musica pur non conoscendola tecnicamente.
Altre voci, quelle della natura, si possono sempre ascoltare dalle montagne che Nonno Giorgio amava tanto, tra le quali si perdeva con lo sguardo. Dalla sua casa di Vilminore in Val di Scalve, Villa Erse, si poteva ammirare un panorama incantevole. Vi si recava per trascorrere i periodi di otium, di riposo: in opposizione a quel nec-otium che lo vedeva sempre impegnato a guarire e curare per davvero. Al centro della sua vita i rapporti interpersonali per i quali aveva dote innata e che non abbandonava mai, neppure nei periodi di inattività professionale dove, per alcuni, è necessario isolarsi. Ecco allora che nel suo "studio" di Vilminore nascevano intensi contatti con uomini di cultura e amici. E capitava spesso che fossi io - bambino - a chiamarlo per la cena. Con un po' di soggezione lo spiavo mentre scriveva accurate lettere: concentrato, immerso, sereno. "Vieni, Sandro, vieni, entra" mi diceva. Ed io entravo in punta di piedi, in silenzio per non incrinare quell'atmosfera di pace attiva e proficua che percepivo. Entravo ed ero attratto dalla possente scrivania, dalla stilografica che correva lenta e sicura sulla carta, dal fascio di luce di sole che riprendeva come una cinepresa gli oggetti della stanza. Frequenti anche gli inviti, per me sempre interessanti, come l'amico e collega che ogni tanto arrivava in visita e suonava il pianoforte a coda ricoverato nel salone.
Eppure Nonno Giorgio aveva tante "case". A volte sembra che la vera casa non sia fatta di mattoni, di mobili, di oggetti. Ciò che si porta dentro, le tradizioni, l'educazione, gli affetti costituiscono la Casa, quella con la C maiuscola: la Romagna, la Toscana, le montagne, gli innumerevoli amici, i colleghi che lui stimava e dai quali riceveva sincera stima e ammirazione, dai quali amava farsi circondare poiché credeva nell'Amicitia. Così, era tanto più felice, quante più persone aveva intorno a se.
Ricordo la decisione presa insieme a lui di scrivere su suo padre. Mi ha permesso di entrare nel suo passato, nelle "cose di famiglia". Ci sono entrato, senza fare rumore, con discrezione e assoluto rispetto dei fatti e delle persone, con lui che mi guidava per mano. Mi ha fatto conoscere suo padre, la sua Terra, i suoi scritti. Indimenticabili i chilometri "macinati" insieme per raggiungere e ritrovare gli amici toscani e romagnoli. E ovunque andassimo lasciava un sorriso.
"È bello, partendo o morendo, lasciare un posto pulito dietro di sè". Mi piacerebbe che questo pensiero di Andrej Siniawskiy diventasse proprietà di Nonno Giorgio.
Credo che adesso sia con la sua famiglia. Sembra quasi di vederli passeggiare insieme in un viale ombreggiato, fresco, contornato di fiori, profumato di eterna primavera. Finalmente uniti, per sempre. Ma ognuno può inventare, dentro sé, il proprio "Aldilà".
Ed è con una frase di Fernando Pessoa che voglio congedarmi da questo breve e piacevole ricordo. "La morte è la curva della strada: morire è solo non esser visti". Sulle ultime note di questo concerto ti saluto, nonno. Qui stiamo tutti bene.
ALESSANDRO GNUTTI
Brescia

Manara Valgimigli

www.scalve.it