Rassegna Stampa

Articolo tratto da “Corriere di Romagna” domenica 22 giugno 2003
Novecento di Romagna
Valgimigli sui muri di San Piero
Antonio Castronuovo

Trentuno maggio 2003: una lapide viene scoperta all'inizio di una via del centro di San Piero in Bagno. C'è scritto: "A Manara Valgimigli (1876-1965), filologo classico e scrittore, professore della Università di Padova, Bibliotecario Classense, Accademico dei Lincei, che in questa cara strada nacque e alla scuola dedicò tutta la vita, il Comune su questo edificio, dedicato in quel tempo alla scuola, pose". Ricorda Manara, cittadino esemplare di San Piero, nel fregio eterno del marmo, ma in una giornata altrettanto esemplare: quella in cui si festeggia l'uscita della nuova edizione di Colleviti, libro da cui emerge un eccellente ricordo sanpieriano, nella splendida triade di bozzetti Le presine della signora Giacoma, Batàno e Colleviti appunto. Ma anche libro inserito in una cornice di ricordi panziniani, dall'elzeviro di apertura La signora Clèlia fino alla malinconica chiusa del pezzo finale Per amore di Biancofiore.
Era uscito nell'agosto 1959 nei Quaderni dello Specchio di Arnoldo Mondadori. L'editore aveva salutato il volume come una "raccolta di nobilissimi scritti", rimanendo commosso dall'accento alto e magnanimo di quelle pagine intrise di nobiltà del sentire, di prosa nitida, pacata e serena caratteri che legano Colleviti al precedente Mantello di Cebète del 1947. L'autore vi aveva raccolto un prezioso florilegio di elzeviri e di istantanee di vita e di uomini. La nuova edizione (La Mandragora, 2003) ha il vantaggio di essere critica e nel contempo di prestarsi a una lettura non filologica, di soddisfare cioè sia lo studioso che il semplice lettore che vi vuole trovare la semplicità del narrare.
San Piero, l'amato Sieve, l'aria di Romagna e Toscana che si mescolano a formare la miscela dei ricordi, il fascino discreto del luogo, dei boschi, delle alture: ce n'è quanto basta per fare del libro uno degli esempi migliori di "romagnolità" letteraria, quella pasta buona e propizia che davvero vale la pena di assimilare. Anche per quella speciale voce che si alza dalle pagine e che "chiama oramai a se" l'anziano autore: la voce della fine, sopportabile canto se si leva dai luoghi natii. Colleviti non è solo uno dei grandi libri del Novecento italiano, anche uno dei grandi libri della tradizione della Romagna. Che ha di che andare orgogliosa se il cibo è questo, se è così nutriente, così tonificante.
È un buon momento per Manara Valgimigli, assieme a Colleviti esce anche la sua traduzione del Cratilo di Platone e riappaiono anche due libri ormai introvabili: il carteggio con Pietro Pancrazi e quello con Francesca Morabito. E tutto grazie alla paziente e affettuosa iniziativa di Giorgio, il figlio di Manara che ne cura la persistenza del ricordo, in ciò appoggiato dall'illuminata amministrazione comunale. Una di quelle che lavorano con sensibilità, con l'accorto giudizio di chi sa quanto valore abbia il proprio passato se si ambisce a un migliore futuro.

Manara Valgimigli

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