GIORGIO VALGIMIGLI
Giorgio Valgimigli è mancato il 9 luglio 2005,
pubblichiamo un pensiero dell’Arcivescovo
Mons. Gaetano Bonicelli
e del nipote Alessandro
Gnutti
Ricordo di Giorgio Valgimigli - Mons. Gaetano Bonicelli
Arcivescovo Emerito di Siena (agosto 2005)
Il doveroso ricordo del prof. Manara Valgimigli
nel quarantesimo della sua morte a Vilminore ci porta a ricordare il figlio
Giorgio che proprio in queste settimane ci ha lasciati per l’eternità.
Senza di lui, nemmeno il padre sarebbe stato nostro concittadino, come amava
scherzosamente dire il grande studioso nel suo piacevole “ozio” scalvino.
Ho un debito anche personale di riconoscenza verso il prof. Giorgio per la sua
stima e amicizia che non aveva bisogno di molte smancerie per alimentarsi
reciprocamente. Bastava una partita a scopone o una lunga chiacchierata sulle
vicende politiche e professionali per sentirsi in sintonia nell’impegno di
operare perché la nostra società riuscisse a far vivere un po’ meglio tutti. Il
nipote Alessandro in una semplice rievocazione del nonno su un giornale di
Brescia cita il grande umanista russo che ho avuto occasione di conoscere e
frequentare. Andrea Siniawskij: “è bello partendo e morendo lasciare un posto
pulito dietro di sé”. Probabilmente “Treni Italia”, che ha fatto proprio lo
slogan, non ne conosce l’origine e soprattutto la carica morale che esso
contiene. Lo sapeva sicuramente Giorgio Valgimigli, davanti al quale mi inchino
reverente e commosso nel cristiano ricordo carico di sapienza.
Ricordando Giorgio Valgimigli - Alessandro Gnutti
(luglio 2005)
Sul piatto del giradischi un concerto di Bach. Credo sarebbe
stato il compositore preferito da Nonno Giorgio se avesse intrapreso, come mi
diceva spesso, la carriera di musicista anziché quella di medico chirurgo; due
interessi giovanili dei quali uno è diventato vocazione. Non meno spirituale
anche se laica di quella di un sacerdote. La medicina era la sua religione. La
voce che ha seguito per tutta la vita. L'altro interesse, il violino, si è
fermato in disparte silenzioso, ma capace di fargli apprezzare la buona musica
pur non conoscendola tecnicamente.
Altre voci, quelle della natura, si possono sempre ascoltare dalle montagne che
Nonno Giorgio amava tanto, tra le quali si perdeva con lo sguardo. Dalla sua
casa di Vilminore in Val di Scalve, Villa Erse, si poteva ammirare un panorama
incantevole. Vi si recava per trascorrere i periodi di otium, di riposo: in
opposizione a quel nec-otium che lo vedeva sempre impegnato a guarire e curare
per davvero. Al centro della sua vita i rapporti interpersonali per i quali
aveva dote innata e che non abbandonava mai, neppure nei periodi di inattività
professionale dove, per alcuni, è necessario isolarsi. Ecco allora che nel suo
"studio" di Vilminore nascevano intensi contatti con uomini di cultura e amici.
E capitava spesso che fossi io - bambino - a chiamarlo per la cena. Con un po'
di soggezione lo spiavo mentre scriveva accurate lettere: concentrato, immerso,
sereno. "Vieni, Sandro, vieni, entra" mi diceva. Ed io entravo in punta di
piedi, in silenzio per non incrinare quell'atmosfera di pace attiva e proficua
che percepivo. Entravo ed ero attratto dalla possente scrivania, dalla
stilografica che correva lenta e sicura sulla carta, dal fascio di luce di sole
che riprendeva come una cinepresa gli oggetti della stanza. Frequenti anche gli
inviti, per me sempre interessanti, come l'amico e collega che ogni tanto
arrivava in visita e suonava il pianoforte a coda ricoverato nel salone.
Eppure Nonno Giorgio aveva tante "case". A volte sembra che la vera casa non sia
fatta di mattoni, di mobili, di oggetti. Ciò che si porta dentro, le tradizioni,
l'educazione, gli affetti costituiscono la Casa, quella con la C maiuscola: la
Romagna, la Toscana, le montagne, gli innumerevoli amici, i colleghi che lui
stimava e dai quali riceveva sincera stima e ammirazione, dai quali amava farsi
circondare poiché credeva nell'Amicitia. Così, era tanto più felice, quante più
persone aveva intorno a se.
Ricordo la decisione presa insieme a lui di scrivere su suo padre. Mi ha
permesso di entrare nel suo passato, nelle "cose di famiglia". Ci sono entrato,
senza fare rumore, con discrezione e assoluto rispetto dei fatti e delle
persone, con lui che mi guidava per mano. Mi ha fatto conoscere suo padre, la
sua Terra, i suoi scritti. Indimenticabili i chilometri "macinati" insieme per
raggiungere e ritrovare gli amici toscani e romagnoli. E ovunque andassimo
lasciava un sorriso.
"È bello, partendo o morendo, lasciare un posto pulito dietro di sè". Mi
piacerebbe che questo pensiero di Andrej Siniawskiy diventasse proprietà di
Nonno Giorgio.
Credo che adesso sia con la sua famiglia. Sembra quasi di vederli passeggiare
insieme in un viale ombreggiato, fresco, contornato di fiori, profumato di
eterna primavera. Finalmente uniti, per sempre. Ma ognuno può inventare, dentro
sé, il proprio "Aldilà".
Ed è con una frase di Fernando Pessoa che voglio congedarmi da questo breve e
piacevole ricordo. "La morte è la curva della strada: morire è solo non esser
visti". Sulle ultime note di questo concerto ti saluto, nonno. Qui stiamo tutti
bene.
ALESSANDRO GNUTTI
Brescia
|