Il crollo della diga di Pian del Gleno: errore tecnico?

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All'alba del primo dicembre 1923, Francesco Morzenti era l'unico sorvegliante della diga di Pian del Gleno (Bergamo) e il principale testimone della catastrofe, ma il suo resoconto dei fatti, rilasciato alla stampa e agli inquirenti, varia alquanto in relazione a quando ed a chi lo dichiarò.
In una delle prime versioni Morzenti raccontò di aver ricevuto una telefonata dalla centrale idroelettrica di Molino di Povo, verso le sette del mattino: l'interlocutore gli ordinò di aumentare la portata dell'acqua inviata alla centrale idroelettrica. Morzenti lasciò la cabina di controllo e si avviò verso la passerella a valle della diga, posta sotto i possenti piloni nella parte centrale della gola.
Era buio, piovigginava ed era già arrivata la prima neve che imbiancava le cime. Mentre azionava il volano per aprire la valvola della saracinesca di scarico sentì un tonfo, una vibrazione, quasi un piccolo terremoto, caddero sassi. Poi vide una fessurazione allargarsi da uno dei piloni; fuggì, riuscendo a stento a salvarsi.
Quella tragica mattina sei milioni di metri cubi di acqua e fango si riversarono dall'enorme fenditura della diga sui villaggi sottostanti causando 356 vittime accertate ma, probabilmente, i deceduti furono di più; qualcuno scriverà quasi cinquecento. L'ondata fu preannunciata da un violento spostamento d'aria che iniziò l'opera di distruzione, strappando le vesti a chi si trovava all'aperto, seguita dalla massa d'acqua che, dopo aver devastato i centri abitati della valle, si esaurì nel lago d'Iseo.
L'ondata distrusse Bueggio e sommerse Dezzo dove si svilupparono rapidi incendi e deflagrazioni nella fornace di ghisa e nella centrale idroelettrica. [...]

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